TRIBUNALE di ROMA SEZIONE DISTACCATA di OSTIA
N. RG. 187-12
O R D I N A N Z A
letti gli atti e le istanze delle parti, osserva:
La causa ha per oggetto la richiesta di risoluzione del contratto di affitto di azienda corrente inter partes, nonché il ristoro dei danni subiti.
Nel corso di causa la srl TIZIO ha presentato una richiesta di sequestro giudiziario dell’azienda.
Con ordinanza del 22.8.2012 il giudice ha rimesso la causa davanti a sé per la decisione della questione preliminare sollevata dalla difesa dalla resistente che ha eccepito la non procedibilità della domanda per la irritualità dell’esperimento di mediazione attivato dalla srl TIZIO.
La ricorrente ha respinto tale eccezione ritenendola del tutto infondata e pretestuosa.
E’ opportuno procedere con ordine.
In primo luogo va affermato, de plano (nel senso che è pacifico fra le parti), che la controversia attiene ad una materia (affitto di azienda) per la quale è obbligatorio l’esperimento del tentativo di mediazione come previsto dall’art.5 del decreto legislativo 28/10
Meno semplice è la disciplina della domanda accessoria e cautelare introdotta in corso di causa (sequestro giudiziario) sulla quale si ritornerà in prosieguo di trattazione.
La particolarità della presente fattispecie è che in questo caso è stato esperito, prima del deposito del ricorso ex art.447 bis e su impulso della attuale ricorrente, il tentativo obbligatorio di mediazione (evidentemente con esito negativo come attesta il verbale prodotto sub.doc.10 indice ricorrente).
Le questioni che devono essere affrontate, valutate e decise sono pertanto la ritualità o meno del tentativo di mediazione esperito ed in caso negativo le conseguenze di tale irritualità.
Infine, ove non si ritenga ritualmente esperita la mediazione, l’ammissibilità della richiesta di sequestro giudiziario.
Le eccezioni della srl SEMPRONIO in relazione al tentativo di mediazione azionato dalla ricorrente.
Sostiene la resistente che la srl TIZIO pur avendo introdotto l’esperimento di mediazione non vi ha partecipato e che pertanto non solo non si può ritenere realizzata la condizione di procedibilità prevista dalla legge, ma l’organismo di mediazione ( XXX) non avrebbe dovuto rilasciare il relativo verbale posto che l’art.5 del Regolamento del predetto organismo prevede che …la segreteria rilascia l’attestato di conclusione del procedimento solo a seguito della partecipazione all’incontro della parte istante e del verbale di mancata partecipazione della parte chiamata e del mancato accordo, formato dal mediatore ai sensi dell’art.11 del decreto legislativo 28/10”.
Chiedeva pertanto dichiararsi la improcedibilità delle domane della srl TIZIO, ove il giudice non ritenesse di concedere un termine per iniziare nuovamente il procedimento di media conciliazione.
La ricorrente ha decisamente contestato l’eccezione invitando la controparte a leggere meglio il verbale redatto dal mediatore.
Il verbale di mediazione dell’organismo XXXXX (doc.10 ricorrente).
Addì 11.11.2011 nei locali della XXX in Roma …sono presenti davanti al Mediatore …quale parte istante del procedimento il sig…. TIZIO assistito da XXXXi avvocato nonché il CAIO srl assistito da XXX avvocato.
Si dà atto che la seguente parte TIZIO ha fatto pervenire la seguente comunicazione “comunicazione a mezzo fax ritenuto fallito il tentativo di mediazione astenendosi dal comparire” Il mediatore dava atto di quanto sopra, dichiarava chiuso infruttuosamente l’esperimento di mediazione e certificava l’autografia degli avvocati – essi presenti ma non le parti.
La presenza della parte proponente davanti al mediatore quale condizione di efficacia del tentativo di mediazione obbligatoria.
Come supra ricordato l’art. 5 del decreto legislativo 28/10 prevede che chi intenda esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia nelle materie indicate dalla stessa norma sia tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.
L’orientamento interpretativo (del decr.legisl.28/10) che si ritiene debba essere preferito a proposito del contenuto formale o sostanziale di tale precetto è per la soluzione contenutistica, vale a dire che non sia sufficiente, per radicare l’avveramento della condizione di procedibilità della successiva domanda giudiziale nei casi di cui al primo comma dell’art.5 cit. la semplice proposizione della domanda di mediazione alla quale non segua effettivamente la presenza e la partecipazione (almeno) della parte istante davanti al mediatore.
Il Ministero della Giustizia già con la circolare 4 aprile 2011 – Regolamento di procedura e requisiti dei mediatori. Chiarimenti osservava quanto segue:
“Preme evidenziare che si ritiene non corretto l’inserimento, nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione, di una previsione secondo la quale, ove l’incontro fissato del responsabile dell’organismo non abbia avuto luogo perché la parte invitata non abbia tempestivamente espresso la propria adesione ovvero abbia comunicato espressamente di non volere aderire e l’istante abbia dichiarato di non volere comunque dare corso alla mediazione, la segreteria dell’organismo possa rilasciare, in data successiva a quella inizialmente fissata, una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata.
Una siffatta previsione non può, infatti, essere considerata conforme alla disciplina normativa in esame nei casi di operatività della condizione di procedibilità di cui all’art.5 del d.lgs.28/2010.
L’inserimento di tale previsione nel regolamento di procedura di un organismo di mediazione non può che essere ritenuta in contrasto con la norma primaria (art.5 del d.lgs 28/2010) che esige che, per determinate materie, deve essere preliminarmente esperito il procedimento di mediazione: il che postula che si compaia effettivamente dinanzi al mediatore designato, il quale solo può constatare la mancata comparizione della parte invitata e redigere il verbale negativo del tentativo di conciliazione.
La mediazione obbligatoria è tale proprio in quanto deve essere esperita anche in caso di mancata adesione della parte invitata e non può, quindi, dirsi correttamente percorsa ove l’istante si sia rivolto ad un organismo di mediazione ed abbia rinunciato, a seguito della ricezione della comunicazione di mancata adesione della parte invitata, alla mediazione.
Ove, invece, si ritenesse legittima tale previsione regolamentare, si produrrebbe l’effetto, non consentito, di un aggiramento della previsione che ha imposto l’operatività della condizione di procedibilità per talune materie.
In realtà, in tale caso, deve ritenersi che il rilascio da parte della segreteria di un organismo della dichiarazione di conclusione del procedimento
non può assurgere ad atto valido ed efficace ai fini dell’assolvimento dell’onere di esperire previamente il tentativo di conciliazione; ciò, in quanto la mancata comparizione anche del solo istante, dinanzi al mediatore, impedisce di ritenere correttamente iniziato e proseguito il procedimento di mediazione.
A dare ulteriore conforto a tale impostazione è la circostanza che ai sensi dell’art.11 del d.lgs.28/2010 e dell’art.7 del d.m. 180/2010, il mediatore può formulare la proposta anche in caso di mancata partecipazione di una o più parti al procedimento di mediazione; in ogni caso, è il mediatore che deve verificare se effettivamente la controparte non si presenti, essendo tale comportamento valutabile dal giudice nell’effettivo successivo giudizio, ai sensi dell’art.8, comma quinto, del d.lgs. 28/2010. E’, inoltre, rilevante considerare che, nel corso del procedimento di mediazione, il mediatore potrebbe ragionare con l’unica parte presente sul ridimensionamento o sulla variazione della sua pretesa da comunicare all’altra parte come proposta dello stesso soggetto in lite e non del mediatore.
In conclusione:
la previsione, per talune materie, di una condizione di procedibilità comporta che la mediazione debba essere effettivamente esperita dinanzi al mediatore, sia pure con le modalità sopra indicate, con la conseguenza che, per ritenersi esperita la condizione di procedibilità, l’unico soggetto legittimato secondo legge a redigere il verbale di esito negativo della mediazione è il mediatore e non la segreteria dell’organismo di mediazione.
Ai fini, quindi, della corretta applicazioni delle previsioni normative di riferimento, questa direzione, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, invita gli organismi di mediazione ad adeguarsi alla presente circolare nei sensi di cui sopra, limitando alla sola fattispecie della mediazione volontaria l’applicazione di una eventuale previsione del regolamento di procedura che abbia contenuto analogo a quello preso in esame.
Con il successivo D.M. 6 luglio 2011 n. 145 tale orientamento veniva confermato prevedendosi nei casi di mediazione obbligatoria la necessaria presenza della parte istante al fine di consentire al mediatore di incontrare almeno tale parte e se del caso accertare l’effettiva impossibilità di un’ utile prosecuzione dell’esperimento. Solo all’esito di tale incontro e verbalizzazione l’organismo di mediazione è abilitato ad attestare l’esito negativo della media conciliazione per la mancata presenza della parte chiamata.
Poiché non si tratta di fonte normativa primaria è opportuno uno scrutinio di legittimità di tale disposizioni che solo se conformi alla legge potranno trovare applicazione da parte del giudice ordinario.
Ebbene si ritiene la sostanziale conformità (sia pure con la consapevolezza del relativismo storico della interpretazione normativa, che per quanto ci occupa deve confrontarsi con una cultura nazionale ancora largamente distante dalla media conciliazione)) al decreto legislativo 28/10
della disposizione che prevede che ove sussiste obbligatorietà del tentativo di mediazione è necessario che l’invitante si presenti in ogni caso (vale a dire anche nel caso in cui la parte chiamata non abbia dato alcuna risposta ovvero abbia dichiarato di non avere interesse a presenziare al tentativo di media conciliazione) davanti al mediatore.
Ciò in quanto deve essere il mediatore ad accertare ed attestare la mancata comparizione della controparte e la conclusione negativa del procedimento di mediazione.
Diversamente opinando si correrebbe il rischio, specialmente nell’attuale periodo di ancora diffusa diffidenza verso l’istituto della mediazione, di prestare il fianco a condotte delle parti non corrette (in quanto sostanzialmente aventi lo scopo di bypassare tout court la mediazione ovvero, che è lo stesso, di espropriare surrettiziamente il mediatore delle funzioni che la legge gli attribuisce).
Tali condotte si possono articolare nei modi più vari, ad esempio con scambio di corrispondenza fra le parti che, al di fuori del procedimento di mediazione, si diano reciprocamente atto della impossibilità o inutilità della procedura di mediazione; con comunicazioni di analogo contenuto dirette all’organismo di mediazione e simili (
va segnalato a proposito la recente modifica del regolamento dell’Organismo Forense di Roma nel quale è stato introdotta all’art.13 una disposizione che non merita in questa sede specifica ed approfondita valutazione ma che potrebbe risultare non in linea con la necessità che il tentativo di mediazione sia esperito, in modo sostanziale e non meramente formale, davanti al mediatore ed ad opera di questi. Nel caso in esame erano presenti non le parti personalmente (in questo caso sarebbe più esatto dire, trattandosi di persone giuridiche, attraverso i loro organi),
ma i loro avvocati.
Non è possibile dire circa i poteri e la rappresentatività di essi difensori non essendovi sufficienti indicazioni in atti. E del resto la materia della rappresentanza delle parti (specialmente, ma non solo, di quelle giuridiche) davanti al mediatore è materia fluida e controversa, in quanto non disciplinata dal decreto legislativo 28/10.
Si può, per quanto qui interessa, ipotizzare e concedere che avessero gli usuali (informali) poteri rappresentativi degli avvocati in mediazione.
Il vero problema è che quand’anche il difensore della parte istante fosse stato munito dei più ampi poteri rappresentativi, di fatto la sua presenza veniva sterilizzata e resa vana, ridotta a non più di un mero nuncius, dalla preventiva comunicazione espressa ed univoca del suo cliente, diretta al mediatore, con la quale la srl TIZIO in modo tranciante e definitivo dichiarava che non sarebbe comparsa ritenendo fallito l’esperimento di mediazione.
Tale dichiarazione costituiva un limite formidabile per qualsiasi attività dell’avvocato della parte istante (srl TIZIO) che non avrebbe potuto, senza entrare in plateale contraddizione con la volontà del suo cliente, essendo peraltro ciò preclusogli oltre che dal buon senso e dalla deontologia anche dalle comuni norme regolanti il mandato, aggiungere o modificare alcunché alla chiara e tranciante (manifestazione di) volontà di chiusura dell’esperimento inviata al mediatore dalla ricorrente. Ne deriva che, presente la parte convenuta in mediazione, non lo era, nell’accezione sostanziale conforme al dettato dell’art.5 del decr.lgsl.28/10, la parte istante. Situazione ancor più grave di quella presa in considerazione dal D.M. 145/2010 che non arriva a prendere posizione sul caso in cui in presenza della parte convocata la sia la parte istante a non comparire e ciò per la elementare ragione che in questo caso è di palmare evidenza la irritualità del procedimento di mediazione).
Ciò è dimostrato, ad abundantiam, dalla inevitabile circostanza che il mediatore non era in grado di svolgere e di fatto non svolgeva alcuna attività se non quella diretta a dichiarare chiuso il procedimento.
Ci può chiedere, per completezza, se non sia ostativa a siffatta interpretazione della norma il disposto dell’art.8, 5° comma decr.lgsl.28/10
In altre parole si potrebbe sostenere che una volta presentata la domanda di mediazione presso un organismo iscritto nel registro del Ministero sia stata con ciò solo soddisfatta la condizione imposta dalla legge per la procedibilità della domanda giudiziale (l’art.5 primo comma decr.cit. prevede nel caso che il giudice rilevi non esperito il procedimento di mediazione l’assegnazione di un termine “per la presentazione della domanda di mediazione”). E che le conseguenze della mancata comparizione delle parti e quindi anche di quella istante e non soltanto di quella convocata in mediazione siano regolate esaustivamentez dall’art.8 quinto comma cit. del decr.lgsl.20/10.
Tale interpretazione non convince.
Per due ordine di ragioni, una letterale e l’altra sistematica.
La prima è che il giudice assegna il termine di cui sopra (per proporre la domanda di mediazione) solo all’esito del concreto accertamento che la procedura di “mediazione non e’ stata esperita”.
E che cosa sia la mediazione è la stessa legge a spiegarlo nell’incipit dell’art.1 del decr.lgsl.28/10: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o piu’ soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
E del resto la stessa norma (art.5 prima comma decr.lsg.28/10) che fonda la condizione di procedibilità si esprime nello stesso modo affermando che il soggetto onerato e’ tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione .
Ne consegue che al fine di poter ritenere esperita la mediazione è necessario che il mediatore abbia potuto svolgere quanto gli spetta senza preclusioni formali, sia pure se del caso in forma minimale come nel caso dell’accertamento che non vi sono le condizioni per procedere oltre o per giungere ad un accordo.
Mentre la funzione affidata alle norme del citato art.8 quinto comma del decr.lgsl.20/10 è più generale come di deterrenza contro la mancata comparizione delle parti (anche dell’istante non comparso nella mediazione non obbligatoria) ed in particolare dei convocati per i quali, anche nelle materie di cui all’art.5 primo comma decr.lgsl.28/10, non ha, ovviamente, alcuna efficacia la prospettiva della improcedibilità conseguente alla mancata comparizione.
In definitiva e concludendo:
la mancata comparizione (ingiustificata, come nel caso di specie) dell’istante nel procedimento di mediazione obbligatoria comporta la improcedibilità della domanda (con la distinzione di cui al paragrafo che segue);
la semplice presentazione della domanda di mediazione obbligatoria, alla quale non segua la effettiva presentazione della parte istante davanti al mediatore, non soddisfa il requisito minimo di legge perché possa affermarsi, nel giudizio susseguente, esperito il procedimento di mediazione e verificatasi la condizione di procedibilità dell’azione;
all’opposto, una volta che la parte istante si sia presentata davanti al mediatore, con la presenza o meno della parte convocata, ed in particolare in presenza di quest’ultima, laddove non siano previsti né siano stati frapposti impedimenti pregiudiziali e formali all’attività del mediatore (come nel caso che il predetto non possa neppure aprire la discussione con la parte o le parti), non è mai dato al giudice un sindacato contenutistico che possa sfociare in un giudizio di mancato esperimento del procedimento di mediazione; ferma restando la valutazione ed i provvedimenti del giudice in ordine alle parti non comparse nella mediazione obbligatoria e delegata per gli effetti di cui all’art.8, 5° comma del decr.lgsl.28/10;
la presenza nel procedimento di mediazione, in luogo delle parti, di soggetti, avvocati o meno, che le rappresentano è sempre ammessa a prescindere dalle modalità del conferimento del potere rappresentativo. Ed invero va considerato che nessuna norma impone che nella media-conciliazione il conferimento della rappresentanza avvenga con specifiche forme (scrittura privata autenticata o atto pubblico) mentre è certo che alla mediazione si applicano le norme di portata generale di cui agli artt.1392 e 1393 cc (per cui il conferimento del potere rappresentativo ha il solo limite di seguire la forma dell’atto da compiere). Laddove il rappresentante della parte istante nella mediazione obbligatoria, come nel caso in esame, sia stato ridotto a mero nuncius la procedura di mediazione, ai fini della procedibilità dell’azione giudiziale, non può ritenersi ritualmente esperita.
Le conseguenze del mancato valido esperimento del tentativo di media conciliazione.
Occorre distinguere il caso in cui l’esperimento di mediazione sia stato attivato prima della causa da quello in cui il giudice, rilevato alla prima udienza che la mediazione obbligatoria non è stata esperita, abbia assegnato alle parti ai sensi dell’art. 5 decreto lgs. 28/2010 il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
In questo secondo caso, laddove il procedimento di mediazione non venga esperito o che è lo stesso non venga esperito validamente, ne discende, senza possibilità alternative, la improcedibilità della domanda, senza che possa essere concessa alle parti un’ulteriore possibilità di reintrodurre il tentativo di mediazione.
Ciò semplicemente in quanto la legge non prevede (eventualità produttiva di ritardi nella trattazione della causa) la concessione ad oltranza da parte del giudice di termini per l’introduzione del procedimento di mediazione.
Nel caso in esame l’esperimento di mediazione è stato introdotto prima della causa.
Essendo inefficace per la ragione anzidetta, tale situazione va senz’altro parificata a quella in cui l’esperimento di mediazione non sia stato tout court attivato con la conseguenza che va assegnato alle parti termine di giorni quindici dalla comunicazione della cancelleria della presente ordinanza per esperire (questa volta validamente) il procedimento di mediazione obbligatoria.
La domanda di sequestro giudiziario.
Occorre prendere posizione innanzitutto sulla procedibilità della domanda in relazione al diritto vigente
E’utile premettere che la norma non esprime un chiaro riferimento alla mediazione obbligatoria, come rende evidente sia il tenore letterale (mediazione senza ulteriore specificazione) e sia la sua collocazione al terzo comma dell’art. 5 decr.lgsl.28/10 dopo la previsione della mediazione obbligatoria (primo comma) e di quella delegata (secondo comma).
Cionondimeno la problematica in esame assume un qualche serio significato solo in riferimento al primo caso essendo da escludere che l’esistenza o meno di percorsi volontari di mediazione possa in qualche modo condizionare l’emissione di provvedimenti cautelari.
Una prima possibile soluzione alla non perspicua formulazione della norma è che l’emissione di un provvedimento cautelare (nelle materie di cui al primo comma dell’art.5 decr.lgsl.28/10) debba essere necessariamente preceduta dall’attivazione del procedimento di mediazione e che tuttavia il giudice possa anche nelle more della sua conclusione emettere il provvedimento cautelare.
Questa interpretazione ha un debole fondamento logico.
Infatti da una parte condizionare l’emissione di provvedimenti urgenti (o la trascrizione di una domanda giudiziale) alla previa proposizione della domanda di mediazione costituisce un irragionevole ritardo che si frappone fra colui che ha la necessità e l’urgenza di attingere un provvedimento o porre in essere un atto che lo cauteli ed il provvedimento o l’atto stesso.
Dall’altra non si comprende quale utilità possa avere la semplice proposizione della domanda di mediazione avulsa da quello che è il suo scopo sostanziale, vale a dire il raggiungimento dell’accordo (ben diverso infatti è il meccanismo della improcedibilità di cui all’art.5 primo comma decr.legisl.28/10 che viene rimosso non dalla semplice proposizione della domanda, come si è cercato di chiarire supra).
All’opposto, la norma potrebbe essere interpretata nel senso che l’area dei provvedimenti cautelari è indifferente, anche nei casi di mediazione obbligatoria (in ogni caso), alla mediazione ed in particolare che alla concessione di uno di essi non osta che sia o meno in corso il procedimento di mediazione.
Tale interpretazione è senz’altro preferibile seppure non si possono nascondere alcune discrasie nel sistema non ben coordinato della legge: ad esempio può accadere che ottenuto un provvedimento cautelare in un procedimento ex art.700 cpc il suo carattere “anticipatorio” esoneri il ricorrente dal proporre la causa di merito e con essa la preventiva correlata domanda di mediazione obbligatoria; il quarto comma dell’art.5 del decr.lgsl.28/10: “ I commi 1 e 2 non si applicano: …” non menziona i provvedimenti cautelari ed urgenti che sono invece disciplinati dal precedente e menzionato comma terzo).
In definitiva nessuna interpretazione è esente da incertezze ma il principio che si ritiene di privilegiare è che l’emissione di un provvedimento cautelare in materia di mediazione obbligatoria – come pure la trascrizione della domanda giudiziale- non è condizionata dalla previa introduzione dell’esperimento di mediazione, che può sussistere o meno senza che da ciò derivi alcun condizionamento giuridico per il giudice.
Nel caso di specie, laddove il procedimento di mediazione non dovesse essere ritualmente esperito, il giudice revocherà il provvedimento di sequestro e dichiarerà improcedibile l’azione giudiziale.
Il caso concreto.
Va disposto il sequestro giudiziario dell’azienda di cui al contratto del 22.9.2010 fra srl TIZIO in persona del suo legale rappresentante pro tempore e CAIO in persona del suo legale rappresentante pro tempore.
Ed invero, con accertamento limitato alla fase che ci occupa e per quanto emergente dagli atti, buona parte delle lagnanze esposte dalla ricorrente sono riscontrate documentalmente e non smentite dalla resistente se non con labili e non provate argomentazioni.
Si tratta di fatti e condotte gravi che non consentono la prosecuzione della gestione ad opera della affittuaria, in attesa di una decisione che stabilisca, anche all’esito della istruttoria orale, se effettivamente tali inadempimenti – per i quali allo stato vi sono prove sufficienti- siano tali da giustificare la risoluzione del contratto.
E’ per tabulas (è sufficiente riscontrare i bonifici prodotti dalla CAIO con le fatture inviate dalla locatrice) che non siano stati pagati regolarmente (nel senso che emergono ingiustificate gravi autoriduzioni) le somme dovute per canoni di locazione ed acconti dei consumi di energia elettrica, gas ed acqua anticipati dalla srl TIZIO
Per tali debiliti la resistente ha accumulato un consistente inaccettabile debito, il cui mancato pagamento viene messo in relazione alla deficitaria situazione economica della società.
E’ riduttivo ed errato valutare la sussistenza di un abuso edilizio sulla base del solo parametro dei materiali usati e della loro robustezza e inserimento nell’immobile.
Le fotografie in atti dimostrano inequivocabilmente che si tratta di strutture realizzate per durare nel tempo, vale a dire tali da creare delle superfici e delle cubature utili alla permanenza e godimento da parte del pubblico e delle persone.
E’ nota e consolidata la giurisprudenza che ha rimosso ogni dubbio al riguardo. Nel caso di specie si tratta di opere realizzate con materiali vari ancorati e collegati fra di loro ed il suolo che hanno la specifica destinazione di ampliare le utilità ritraibili dagli immobili e per le quali è necessaria la previa valutazione da parte dell’autorità deputata al controllo dell’utilizzo del territorio (vale a dire il Comune di Roma).
Non risponde al vero, come documentato dalla ricorrente, il possesso da parte della stessa, di un deposito cauzionale di €.120.000 (cfr. pag.3 e 4 memoria replica srl TIZIO).
E’ opportuno senz’altro evitare che la continuazione della gestione aziendale da parte della resistente possa provocare pregiudizi ulteriori alla affittante, anche in considerazione che non si tratta di rapporto esclusivamente rilevante fra le parti ma con implicazioni che si riverberano nei confronti dell’ente territoriale concedente.
Va pertanto disposto di conseguenza con la opportuna nomina di custode esterno alle società.
Il provvedimento, per opportuna conoscenza, ad esclusione del paragrafo 8, va comunicato all’organismo di mediazione.
P.Q.M.
a scioglimento della riserva che precede, visti gli artt.670, 676, nonché 521, 522, 560, 593 cpc,
- DISPONE, a favore della srl TIZIO ed a carico della srl CAIO in persona del suo legale rappresentante pro tempore il sequestro giudiziario dell’azienda di cui al contratto del 22.9.2010 fra srl TIZIO e la srl CAIO costituita dai locali ed aree esterne relativi nonchè da tutti i beni, arredi, suppellettili, attrezzature,merci etc.
- NOMINA custode giudiziario dell’azienda in oggetto e di quanto in essa contenuto l’avv. XXXXXX che procederà, invitate le parti in contraddittorio ma senza che ne sia indispensabile la presenza, ed occorrendo assistito da personale di sua fiducia, all’inventario dei beni custoditi nell’azienda;
- AUTORIZZA il custode, successivamente agli incombenti che precedono, all’amministrazione ed alla gestione ordinaria dell’azienda, disponendo che presenti entro 45 gg e successivamente ogni sei mesi relazione al Giudice nonché renda il conto ai sensi di legge; e che richieda autorizzazione al Giudice per tutto quanto di ulteriore non previsto;
- ORDINA alla CAIO srl in persona del suo legale rappresentante pro tempore srl di consentire al custode l’immediata presa di possesso dell’azienda e di ogni altro bene ivi contenuto, nonché di rilasciare la stessa pena azione esecutiva;
- DICHIARA irrituale ed inefficace il procedimento di mediazione introdotto dalla srl TIZIO ;
- CONCEDE alle parti termine di gg.15 dalla comunicazione della ordinanza per l’introduzione del procedimento di mediazione obbligatoria;
- RINVIA all’udienza del 28.2.2013 h.10,00.
FARE avvisi alle parti a mezzo PEC o in mancanza FAX nonché al custode XXXX XXXXXXX; ed escluso il paragrafo otto, anche all’organismo di mediazione.
Ostia lì 22.8.2012
Il Giudice