A pochi giorni dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 28 del 2010
che introduce l’istituto della conciliazione stragiudiziale
nel nostro ordinamento interviene l’Avv. Luigi Quintieri,
La conciliazione in campo giuridico, è il procedimento attraverso cui un terzo aiuta le parti a comporre una lite. Si dice giudiziale, quando il terzo è un giudice, di solito quello che è già stato adito per decidere la controversia; stragiudiziale- che è propriamente una forma di ADR, Alternative Dispute Resolutions- quando il terzo è un professionista , che funge da mediatore. In tutti i casi, la conciliazione presuppone una libera determinazione delle parti , anche se raggiunta con l’aiuto di un terzo. La novità legislativa introdotta dal Decreto legislativo n. 28 del 2010 attuativo dell’art. 60 della Legge n. 69 del 2009, riguarda la conciliazione stragiudiziale. Il decreto Legislativo citato, prevede una disposizione transitoria che individua un sistema in due tempi. Mentre parte subito la conciliazione facoltativa e anche quella sollecitata dal giudice, per quella “obbligatoria” bisognerà attendere che decorrano dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto ovvero dal 20 Marzo 2011 il tentativo di conciliazione sarà prodromico all’ azione giudiziaria , per tutte le controversie di diritto civile e commerciale vertenti su diritti disponibile. Pertanto, per tutta una serie di materie: Condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, risarcimento del danno derivante da errore medico, contratti assicurativi e bancari ecc., bisogna prima esperire il tentativo di conciliazione, rivolgendosi ad un Organismo di Conciliazione riconosciuto dal Ministero della Giustizia e, se questo riesce non ci sarà bisogno di affrontare una causa civile, lunga e costosa per le parti.
Ma intendo sottolineare che la conciliazione, in ogni caso, non precluderà l’azione giudiziaria e quindi, se la parti non riesco a comporre la propria lite dinanzi al conciliatore , possono comunque adire il tribunale competente. La legge ha previsto una serie di incentivi appetibili e disincentivi molto temibili, appunto, per far comprendere che “conciliare conviene”. La vera novità della conciliazione del 2010, però, non è tanto la conciliazione quale condizione di procedibilità, ma la vera innovazione è la possibilità di detrarre dai redditi le spese che si affronteranno per la procedura di conciliazione. Quindi le parti potranno risparmiare sulle tasse che ordinariamente gravano sugli atti giudiziali e beneficeranno di un credito d’imposta di importo variabile relativamente alle indennità corrisposte agli organismi di conciliazione.
Se, poi, la conciliazione ha successo e la parti si sono riappacificate si guadagna il doppio, sia perché il verbale di accordo che, previa omologazione è titolo esecutivo, viene esentato dall’imposta di registro entro il limite di 51.640,00 euro, sia perché il credito di imposta sulle indennità per i conciliatori avrà un valore doppio rispetto a quello attribuito in caso di insuccesso del tentativo. Mentre da un lato si cerca di agevolare la riuscita della conciliazione, dall’ altro si vuole penalizzare chi non ha conciliato. Infatti il decreto prevede che, quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta di mediazione , il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente , nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.
Quindi la parte che ha rifiutato la proposta di conciliazione può, infatti, vedersi addossare le conseguenze economiche del processo, anche se vittoriosa. Perciò non conciliare può costare caro. Ma oltre al lato economico, il vero vantaggio, a mio avviso, è la riduzione dei tempi, perché un procedimento di conciliazione non può durare più di quattro mesi. In base al Dlgs n. 5/2003, soltanto i laureati in materie giuridiche ed economiche ovvero iscritti in albi professionali in materia giuridiche o economiche con anzianità non inferiore ai 15 anni o che abbiano svolto con successo un corso di formazione tenuto da un ente di formazione accreditato dal ministero della giustizia o magistrati in quiescenza possono al momento iscriversi, previo parere favorevole dell’ organismo di conciliazione, presso l’albo dei conciliatori di quel medesimo organismo.
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